ARONNE, PORTAVOCE DI MOSÈ BALBUZIENTE: IMMAGINE DEL VERO SACERDOZIO

23.01.2012 18:20

Ancora una volta la figura di Aronne, da tempo dimenticata o meglio lasciata da parte dagli studiosi,1 torna alla ribalta. Torna alla ribalta perché soprattutto in questa epoca di crisi di valori vi è un immenso bisogno di ridare senso al culto sacerdotale, rinnovandolo dal profondo delle sue radici.

Sotto questo profilo Aronne sembra essere la figura chiave o meglio l'immagine al quale ogni sacerdote dovrebbe confrontarsi nello spirito, affinché il suo servizio diventi veramente credibile agli occhi della gente. Da quanto diremo, si dedurranno alcune premesse che potranno contribuire a ridare al sacerdote di oggi le basi o meglio le fondamenta, sulle quali costruire in maniera compiuta il suo nuovo “culto sabbatico”. Prenderemo a modello la figura di Aronne perché, come vedremo, sarà una figura centrale, in quanto posta all'origine, per la stessa volontà del Logos, del sacerdozio antico-testamentario. I caratteri essenziali di questo sacerdozio saranno traducibili ancora oggi soprattutto per coloro che aspirano a divenire sacerdoti o divenuti già sacerdoti abbiano come loro unica vocazione quella di divenire santi, o meglio di anteporre l'amore per Dio sopra ogni cosa.

In tale intento ogni sacerdote verrà forgiato, leggendo queste pagine, secondo i parametri di questo nostro antenato sacerdote Aronne.

 

1. La figura di Aronne

1.1. Aronne, primo sommo sacerdote

La designazione di Aronne ad essere sommo sacerdote è stata appannaggio di Dio, il quale si servì di Mosè per riporre le verghe davanti alla tenda della Testimonianza. Così si legge in Nm 17,16-20.22-26:

Il Signore parò a Mosè e disse: 17. «Parla agli israeliti e prendi da loro dei bastoni, uno per ogni loro casato paterno: cioè dodici bastoni da parte di tutti i loro principi secondo i loro casati paterni; 18. scriverai il nome di ognuno sul suo bastone, scriverai il nome di Aronne sul bastone di Levi, poiché ci sarà un bastone per ogni capo dei loro casati paterni. 19. Riporrai quei bastoni nella tenda del convegno, davanti alla Testimonianza, dove io vi do convegno. 20. L'uomo che io avrò scelto sarà quello il cui bastone fiorirà e così farò cessare davanti a me le mormorazioni che gli israeliti fanno contro di voi» (…). 22. Mosè ripose quei bastoni davanti al Signore nella tenda della Testimonianza. 23. L'indomani Mosè entrò nella tenda della Testimonianza ed ecco, il bastone di Aronne per il casato di Levi era fiorito: aveva prodotto germogli, aveva fatto sbocciare fiori e maturato mandorle. 24. Allora Mosè tolse tutti i bastoni dalla presenza del Signore e li portò a tutti gli israeliti; essi li videro e presero ciascuno il proprio bastone. 25. Il Signore disse a Mosè: «Riporta il bastone di Aronne davanti alla Testimonianza, perché sia conservato come un segno per i ribelli e si ponga fine alle loro mormorazioni contro di me ed essi non ne muoiano». 26. Mosè fece come il Signore gli aveva comandato”.

 

Dal testo dell'Esodo si evince che Aronne ha ricevuto questo incarico da Dio che lo ha scelto tra innumerevoli altre persone che aspiravano a tale carica. Ciò vuol dire che Aronne è stato l'uomo scelto da Dio per essere consacrato a tale missione, perché, a differenza degli altri, come attesta il bastone fiorito che ha prodotto mandorle, avrebbe senz'altro portato avanti tale ufficio, in modo da realizzarlo bene, facendolo fruttificare.

Giustino aveva dato un'interpretazione tipologica al bastone fiorito di Aronne, vedendo in esso la figura della croce di Cristo, grazie alla quale egli si sarebbe manifestato nuovo gran sacerdote, perché sulla croce egli ha dato se stesso in sacrificio al Padre, espiando i peccati di tutta l'umanità.2 Aronne dunque è stato designato gran sacerdote, perché viene ad essere la figura di Cristo futuro che avrebbe dato se stesso in remissione dei peccati.

Il sacerdozio di Aronne quindi ha portato molto frutto, nel senso che esso è stato portato a compimento definitivamente dal gran prete Gesù. Sotto questo profilo, per dirla con Giustino, Aronne verrebbe ad essere l'antitipo di Cristo, perché in lui si riflette in misura parziale il vero sacerdozio di Cristo. In Aronne, se così possiamo dire, secondo le parole di Giustino, è in germe il seme iniziale della completa oblazione al Padre compiuta da Cristo attraverso il suo sacrificio espiatorio. Come in Mosè si riflette in germe il seme del logos totale che è Cristo, sapienza del Padre,3 allo stesso modo in Aronne si riflette in germe il seme del sacerdozio perfetto di Cristo; sacerdozio che Cristo ha iniziato a consumare in maniera perfetta nel sabato protologico in una dimensione atemporale, e che ha continuato a consumare nel sabato soteriologico, compiendo realmente sulla terra il sacerdozio atemporale che il Logos (Cristo) aveva consumato prima della creazione del mondo nel sabato protologico. Questo sacerdozio che Cristo aveva iniziato a consumare nel sabato protologico prima della creazione del mondo veniva in parte riflesso e vissuto in maniera parziale, o meglio in maniera umbratile, da Aronne, in quanto il Logos lo ha scelto per essere segno tangibile e concreto sulla terra del futuro adempimento del sacerdozio di Cristo nel sabato soteriologico, immagine terrena del sacerdozio atemporale di Cristo e piena del sacerdozio imperfetto di Aronne.

A partire da tale quadro quindi il Logos ha scelto Aronne come capostipite ovvero come antenato del sacerdozio, perché egli compiva il suo ufficio di sacerdote consacrandosi al Padre, vivendo perciò il suo sacerdozio come un culto sabbatico. Egli è posto all'origine del sacerdozio, in quanto egli tende a fare della sua vita una permanente “generazione sabbatica”, nel senso che il suo animo e il suo spirito è unicamente volto o meglio teso a compiere ciò che il Padre gli ha insegnato di fare per il riscatto del popolo d'Israele.

Pertanto la funzione del suo sacerdozio è sociale e da questo suo esercizio deriva la sua santità, in quanto uomo che compie per gli altri il culto sabbatico, in quanto si interessa solo delle cose di Dio amando Dio al di sopra di ogni cosa perché separato dal profano e, proprio per questo suo ufficio, custodisce il santuario, insegna e offre sacrifici. In questa sorta di culto sabbatico che egli vive quotidianamente, perché propenso a compiere devotamente gli uffici divini, egli anticipa il sabato soteriologico, avendo fatto propria una scintilla del sacerdozio veramente santo che Cristo consumò nel sabato protologico.

 

1.2. Aronne, portavoce e non profeta

La cosa che balza subito agli occhi dal testo di Es 4,10.12-16, è che Aronne è l'interprete di Mosè, dal momento che Mosè ha la bocca e la lingua impacciata:

 Mosè disse al Signore:«Perdona, Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono stato né ieri né ieri l'altro e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua (…). 12. Ora va! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». 13. Mosè disse: «Perdona, Signore, manda chi vuoi mandare!». 14. Allora la collera del Signore si accese contro Mosé e gli disse: «Non vi è forse tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlare bene. Anzi, sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo. 15. Tu gli parlerai e porrai le parole sulla sua bocca e io sarò con la tua e la sua bocca e vi insegnerò quello che dovrete fare. 16. Parlerà lui al popolo per te: egli sarà la tua bocca e tu farai per lui le veci di Dio.”  

 

Aronne riceve l'incarico da Dio di essere il portavoce di quello che Mosé gli dice; ciò vuol dire che Aronne non viene direttamente ispirato da Dio, ma deve riferire ciò che Mosè gli mette sulla bocca. La missione che Dio affida ad Aronne è quella di accompagnare Mosè nel suo incarico affidatogli da Dio di essere il liberatore della schiavitù dall'Egitto. Il Signore parla a Mosè e gli espone il suo piano di salvezza, perché vuole liberare il popolo di Israele dalla schiavitù dell'Egitto e, in questo suo intento, dà a lui la facoltà di compiere la volontà di Dio non attraverso la parola ma attraverso il bastone, per mezzo del quale egli compie diversi prodigi, indici del potere taumaturgico concesso da Dio a Mosè.

Quindi il potere della parola negata a Mosè cede il passo alla sua gestualità liberatrice, perché, attraverso una sequenza di atti compiuti, Mosè attesta il suo potere soteriologico con l'aiuto di Aronne (Es 4,30-31;17,10-13). Aronne pertanto supplisce la debolezza della parola di Mosè, avendo spiccate doti di eloquenza e presenta al popolo ciò che Mosè gli comanda di dire per mezzo di Dio. Mentre Mosè viene creduto dal popolo di essere il profeta di Dio tramite i fatti, Aronne viene creduto invece grazie alla parola, tramite la quale egli può profetare le cose che Dio gli ha detto di dire per mezzo di Mosè.

Mentre Mosè realizza la volontà di Dio tramite i fatti, Aronne la realizza mediante la propria lingua, grazie alla quale egli espelle foneticamente gli insegnamenti che Dio gli ha detto di dire tramite Mosè. Questi incarichi che Dio ha dato ad Aronne e a Mosè sono le due facce di una stessa medaglia, perché tesi ambedue a realizzare sulla terra la volontà salvifica di Dio.

Da ciò si può dedurre che Aronne, esprimendo con la propria lingua i dettati di Mosè, sembra che abbia affinato la sua capacità di eloquenza, esponendo gli insegnamenti di Mosè in maniera appropriata, elegante e persuasiva, in modo da suscitare in chi ascolta l'impressione voluta, persuadendo l'intelletto. Più che compiere atti salvifici, egli espone con la propria lingua la volontà di Dio, mentre Mosè li vive nella pratica, fattivamente, senza bisogno di proferire parola.

Da qui proviene l'adagio, maturato lungo i secoli, che il sacerdote “predica bene e razzola male”, dal momento che Aronne esprime bene con la propria lingua gli insegnamenti di Dio, ma non li compie fattivamente come invece fa suo fratello Mosè.

Con ciò non si vuole defraudare la figura di Aronne, ma si vuole solo dire che nel compiere la volontà salvifica di Dio Aronne ha bisogno di Mosè e Mosè di Aronne, i quali hanno ambedue per proprio conto particolari capacità che li contraddistinguono per la missione specifica che ognuno deve portare avanti per ordine di Dio; capacità che messe insieme e non a sé stanti concorrono ad aumentare il potere salvifico di Dio sulla terra.

 

2. Aronne immagine dell'odierno sacerdozio

La figura di Aronne è centrale nel cammino sacerdotale, - e ci rivolgiamo in particolare ai nostri sacerdoti – perché ridesta in loro il senso del vero “culto sabbatico”, conseguente alla scelta personale di vivere la propria consacrazione a Dio. Colui che si consacra a Dio, sull'esempio di Aronne, ha il triplice scopo di custodire il santuario, di insegnare la Sacra Scrittura, di offrire sacrifici; scopi al cui fondamento sta la ferma volontà di vivere la vocazione alla santità sacerdotale non solo come diretta vocazione personale, ma anche come vocazione comunitaria, in quanto la funzione di ogni sacerdote è diretta alla società in cui vive. Seguendo questa vocazione o meglio la chiamata di Dio, parallelamente ad Aronne, sia a livello personale che comunitario, il sacerdote di qualunque tempo non dovrebbe avere alcuna difficoltà a vivere la sua santità.

Volgendo sempre lo sguardo e tenendo gli occhi fissi alla chiamata di Dio, ogni sacerdote è tenuto a consacrarsi a Dio permanentemente, vivendo ogni giorno il culto “sabbatico”, ovvero il culto spirituale gradito a Dio, divenendo sulla terra immagine vivente seppur imperfetta, alla stessa stregua di Aronne, non solo del sabato protologico, cioè di quella eterna relazione di amore che il Figlio consumava prima della creazione del mondo, ma anche di quello soteriologico, nel quale il Figlio ha realizzato pienamente il suo culto sabbatico nella totale oblazione al Padre mediante il suo sacrificio espiatorio, realizzando e compiendo definitivamente la forma più alta del suo sacerdozio. Aronne fu scelto dal Logos sommo sacerdote perché era segno sulla terra del futuro sacerdozio di Cristo; parallelamente ogni sacerdote è segno sulla terra del vero sacerdozio di Cristo, a condizione che salvaguardi bene il suo ufficio sacerdotale, ovvero che anteponga l'amore per Dio al guadagno, che sia un zelatore fervente di Dio, che non si lasci trascinare dalle dicerie della gente e da interessi di parte che potrebbero ostacolare la sua piena predisposizione a vivere in parte l'eterna relazione di amore che il Figlio viveva nei confronti del Padre nel sabato proto-soteriologico.

Da ciò emerge che ogni sacerdote, sull'esempio di Aronne, ha il compito di porsi in relazione con Cristo, imitandolo, per glorificare Dio, divenendo sulla terra un sabato vivente, luogo di culto spirituale, il cui scopo della sua vita è tesa unicamente a lodare e a ringraziare il creatore per quello che ci ha dato per il nostro sostentamento materiale e spirituale. In tal modo egli anticipa sulla terra il sabato escatologico, quello che si consumerà alla fine del mondo, quando tutti insieme contempleremo eternamente le meraviglie del Padre. Mentre Aronne, lodando e amando Dio al di sopra di ogni cosa, anticipava il sabato soteriologico, il sacerdote di oggi, lodando e amando Dio al di sopra di ogni cosa, anticipa le nozze escatologiche dell'agnello pasquale, dove il sabato, cioè la totale donazione di amore verso il Padre, non avrà mai più fine.

Anticipando sulla terra il sabato escatologico, egli rivive fattivamente, sebbene in maniera imperfetta, gli stessi sentimenti che Cristo visse nel sabato soteriologico realizzando nel sacrificio di sé la piena dedizione al Padre, e che Aronne anticipava nel culto sabbatico.

Alla stessa stregua di Aronne, ogni sacerdote ha da Dio l'incarico di essere il portavoce di Dio, in quanto Dio gli comanda di dire solo ciò che sente dalla bocca dei profeti; per questo motivo durante il suo ufficio ogni sacerdote sia affiancato da qualche profeta, affinché le sue parole non rimangano vuote, cioè fini a se stesse. Quindi, accompagnato dai profeti, ogni sacerdote ha l'obbligo di attenersi a quello che il profeta gli dice tramite Dio con la sua lingua e di riferirle al popolo in maniera corretta, in modo che la salvezza di Dio giunga al popolo dalla bocca tramite il sacerdote e dalle gesta tramite i profeti.

1 Non esistono studi specifici recenti su questa grande figura di sacerdote nell'A.T.

2 GIUSTINO, Dialogo con Trifone 86,4. Ed. crit. Ph. BOBICHON, Justin martyr. Dialogue avec Tryphon, vol. I, Fribourg 2003, p. 422. Cfr. per tale argomento anche la lettera agli Ebrei 5,4-5.

3 Cfr. per questo argomento C. RANDAZZO, La balbuzie di Mosè: una possibile spiegazione teologica, in “Sefer” 130 (2010), p. 14.